lunedì 22 marzo 2010

Topolino, Gottfredson e la cantina di mia zia


Lunedì ho acquistato in edicola il primo numero della collana "Gli anni d'oro di Topolino", un'opera che si propone di raccogliere in forma integrale e cronologica le strisce di Floyd Gottfredson, uno dei più grandi fumettisti di tutti i tempi. Colui cui Walt Disney diede l'incarico di disegnare alcune storie per un periodo temporaneo e che poi invece finì per diventare l'autore principe di Mickey Mouse in oltre 45 anni. Il libro è ben curato, le strisce, che originariamente furono pubblicate sui quotidiani americani, sono state colorate (perché, visto che le originali, a parte quelle domenicali, erano in bianco e nero?) e ritradotte per l'occasione. L'opera si svilupperà su 38 volumi che costituiranno nel loro insieme una collana unica al mondo: mai prima d'ora, infatti, erano state raccolte tutte insieme le strisce del grande autore.



Ho letto subito la prima storia "Topolino e il mistero dell’Uomo Nuvola" pubblicata originariamente a cavallo fra il '36 e il '37 e, pur non essendo un fan di Topolino, l'ho trovata interessante. Il protagonista è il dottor Enigm (Einmug nell'originale) che ha scoperto il modo di sfruttare l'energia degli atomi. Vive in un'isola fra le nuvole perché si è dovuto rifugiare da un agente (Pietro Gambadilegno) di una potenza straniera che voleva impadronirsi del segreto. Il fumetto risuona dell'umore di quegli anni, quando sui giornali americani si scrivevano articoli sulle nuove scoperte scientifiche relative allo sfruttamento dell'energia atomica. Il dottor Enigm è d'altra parte ispirato direttamente ad Albert Einstein: nell'originale gli si fa parlare un inglese con inflessioni tedesche.



Il motivo per cui mi è piaciuta la storia è rappresentato nella tavola qui sopra. Gottfredson e lo sceneggiatore Ted Osborne hanno dimostrato molto più buon senso di quanto fecero più tardi i fisici e i politici coinvolti nell'applicazione degli studi sull'atomo. Una volta fatto fuggire Gambadilegno, il dottor Enigm si rifiuta di consegnare la scoperta a Topolino che la richiedeva per poi consegnarla al governo americano, sicuro che ne avrebbe fatto un uso pacifico e sicuro. Il dottore invece non si fida, pensa che "...il mondo non è ancora pronto per la mia invenzione! Porterebbe solo dolore... guerre... e morte!". Si può tranquillamente dire che questa tavola si è rivelata tristemente profetica di ciò che avvenne solo pochi anni più tardi....



Leggere questa storia ha avuto un altro effetto su di me: mi ha fatto ripensare ai primi fumetti che lessi nella mia vita. Ancora prima dei Bonelli (che non ho mai lasciato) fu Topolino il primo giornalino che mi capitò tra le mani. Non è sicuramente originale quanto sto dicendo, probabilmente è un'esperienza condivisa con moltissimi altri ragazzi e ragazze italiani (e non). Tuttavia di particolare c'è che i Topolini non mi venivano di solito comprati dai miei, ma li andavo a leggere nella cantina di mia zia. Le mie tre cugine infatti, di qualche anno più vecchie di me, leggevano regolarmente (o almeno lo hanno fatto per un periodo) i Topolino settimanali. Dopo la lettura, i miei zii li riponevano in un mobile della loro spaziosa cantina. Per me quella credenza rappresentava uno scrigno dei desideri: ricordo che passavo ore a divorarmi quei grossi giornalini pieni di storie affascinanti (almeno così mi sembravano allora). Dico grossi perché risalivano ai primi anni 70 (e probabilmente anche agli ultimi anni 60) ed erano decisamente più spessi e ricchi di pagine di quelli che si trovavano in edicola quando io ero bambino.



Mia zia fu poi provvidenziale in un altro episodio legato a Topolino. Ricordo infatti che i personaggi di Walt Disney mi piacevano così tanto che volevo assolutamente abbonarmi al giornalino settiminale. Mia madre non era però d'accordo, ma io, infischiandomi del suo divieto, compilai comunque il coupon di abbonamento e lo imbucai nella cassetta della posta del mio paese. Preso poche ore dopo da un rimorso di coscienza, confessai tutto a mia madre che, dopo avermi sgridato, chiese a sua sorella, che lavorava propio in posta, di intercettare la mia "letterina". L'abbonamento fu così sventato: probabilmente meglio così, dico ora, ma allora ci restai assai male....

Più tardi abbandonai la lettura di Topolino e soci, per concedermi a quella, più matura, degli albi Bonelli. E' singolare comunque che, per entrambe le famiglie di fumetti (i Topolino e i Bonelli) sia debitore a due diverse famiglie di parenti: le tre cugine materne per i primi, e i tre cugini paterni per i secondi (come ho già raccontato in un post precedente). Certe volte penso che se i miei genitori fossero stati figli unici, adesso magari non sarei un appassionato di fumetti.. Mah! Chi può dirlo?

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