martedì 18 maggio 2010

La via della semplicità


"C'è sempre la via della semplicità, anche se mi ripugna intraprenderla. Non ho figli, non guardo la televisione e non credo in Dio, tutti sentieri che gli uomini calpestano per rendere la loro vita più semplice. I figli aiutano a rimandare l'angoscioso dovere di affronatare se stessi, compito a cui in seguito provvedono i nipoti. La televisione distrae dalla massacrante necessità di fare progetti a partire dal nulla delle nostre frivole esistenze e, ingannando gli occhi, solleva la mente dalla grande opera del senso. E infine Dio mitiga i nostri timori di mammiferi e l'insopportabile prospettiva che i nostri piaceri un giorno abbiano fine. Quindi io, senza futuro nè prole, senza pixel per stordire la cosmica consapevolezza dell'assurdo, certa, invece, della fine e della previsione del vuoto, credo di poter affermare che non ho scelto la via della semplicità."

sabato 15 maggio 2010

Bonelli: miniserie che vieni, miniserie che vai


In questi giorni nelle edicole italiane due miniserie Bonelli si passano simbolicamente il testimone. Caravan chiude dopo 12 numeri e Cassidy inizia il suo viaggio di 18 mesi. Ho atteso spasmodicamente, come non mi capitava ormai da tempo per un giornalino Bonelli, l'uscita di questi 2 albi. Da una parte non vedevo l'ora di sapere come Michele Medda avrebbe concluso la storia itinerante di Caravan, della famiglia Donati, ormai ridotta ai soli figli Davide ed Ellen, e di tutta la cittadinanza di Nest Point. Dall'altra mi allettava molto il personaggio nero di Raymond Cassidy, un rapinatore con una propria etica che si muove negli anni 70, creato da Pasquale Ruju.


Le attese non sono state tradite. Caravan si è rivelata secondo me, con il suo finale in parte aperto, la migliore miniserie Bonelli fin qui pubblicata. Ne esce il ritratto di una società in decadenza, incapace di lottare per affermare i propri diritti e difendere la propria dignità. I militari non fanno una bella figura, dipinti come strumento di una politica che usa i cittadini per i propri esperimenti. Non fanno bella figura nemmeno i cittadini di Nest Point, ridotti a pecore spaventate, aldilà di pochi individui che cercano di farsi rispettare.



Gli ultimi numeri poi sono stati un crescendo di emozioni e di fatti tragici che non mi aspettavo in una serie Bonelli e che mi hanno molto colpito. Ci sono anche alcuni difetti, come le troppe divagazioni rappresentate dal raccontare le storie di alcuni personaggi: ma non intaccano la bellezza della serie. Quindi complimenti a Medda che, tra l'altro, ha tenuto un blog molto interessante durante tutta la pubblicazione e che spero continui ancora a lungo.
Cassidy si è presentato molto bene: una rapina finita male, il protagonista ferito quasi a morte che fugge sulla sua auto nella notte in cui Elvis muore. Un vecchio Bluesman di colore che suona l'armonica e predice a Cassidy che sopravviverà e avrà 18 mesi di tempo per mettere le cose a posto. Ruju crea subito un'atmosfera nera e di suspense, tratteggia l'etica del nostro che chiede, inascoltato, ai suoi complici della rapina inutili spargimenti di sangue. La musica anni 70 è molto presente e pare di poterla sentire come colonna sonora della storia.


Insomma ci sono tutte le più buone premesse perché Cassidy scalzi il trono a Caravan nella mia personale classifica delle miniserie Bonelli. Dopo Demian, Ruju torna a personaggi neri e spero che il seguito della storia non tradisca le premesse, come invece, secondo me, accadde con Demian che abbandonai infatti dopo pochi numeri.
Chssà se, prima o poi, Bonelli sfornerà una serie ambientata nell classica epoca noir, ovvero l'America anni 30 - 40, con un protagonista alla Humphrey Bogart immerso in atmosfere chandleriane?

domenica 9 maggio 2010

The Wild Party


Mi sto ancora rigirando tra le mani il libretto dell'Einaudi che narra per parole e immagini la storia di un party selvaggio. E' un romanzo scritto in versi da Joseph Moncure March, pubblicato con molte censure nel 1928. Descrive, attraverso un party, un'epoca, quella degli anni 20. Non è una festa qualsiasi: gli ospiti sono ballerine e prostitute, clown da avanspettacolo e uomini d'affari, lesbiche e omosessuali. Gli uomini vestono lo smoking e le donne abiti affascinanti. Il fumo e la musica invadono le stanze dell'appartamento in questa notte segnata dal'alcool, dal sesso e dalla violenza.



Perchè parlo di questo libro? Perché ho appena letto l'edizione del 1994, che ha fatto rinascere dall'oblio il romanzo arricchendolo delle splendide illustrazioni di Art Spiegelman. E' stato infatti il famoso autore di Maus ad essere attratto da questo poema popolare, che tanto scandalo suscitò all'epoca, ma che fu presto dimenticato, a meno di un film del 1975 ad esso ispirato. Grazie all'opera di recupero di Spiegelman, "The Wild Party" fu riscoperto e divenne il soggetto di due diversi adattamenti teatrali per musical a New York.



Le illustrazioni di Spiegelman riescono a fondersi perfettamente con il testo, diventando un tutt'uno. Ne sono più che il sottofondo. A tratti si ha l'impressione di guardare un film, tanto le immagini sanno dare vita alle parole scritte.


Personalmente ho percepito chiaramente nelle illustrazioni e nei versi l'aria torbida della festa, il jazz che avviluppa col fumo tutto l'ambiente. E poi la carica sessuale dei corpi che, dopo litri di alcool, si lasciano andare gli uni sugli altri con lussuria. L'atmosfera per certi versi anticipa quella hard-bolied dei romanzi di Dashiell Hammett e di Raymond Chandler che saranno pubblicati negli anni successivi.

L'epilogo non poteva essere diverso: la fatale Queenie, ballerina del vaudeville, suscita la gelosia del suo violento amante Burrs, quando prima flirta e poi si concede alla passione del giovane, elegante e tenebroso Black. La polizia irrompe a tarda notte nell'appartamento trovando il cadavere di Burrs, freddato da una revolverata di Black.


Ci sono amori di fuoco: altri appasiscono nell'incuria

ma l'amore più intenso, il pù pulito, è la lussuria.

E la loro lussuria era furore. Aveva un odore,

di acciaio, di pietra, di martelli...

clangore, colpire, coltelli.

Un odore di torce selvagge, rombanti

da spezzare il ferro, da accecare anche i santi:

di lunghi treni che si schiantano sotto terra,

e schiantano le strade, come tuoni di guerra:

l'odore di un motore; sgorga il vapore;

piedi che pestano, folla in clamore.

La lussuria li aveva drogati. Potevano fnirne dilaniati.

Ma in ogni caso, no: non si sarebbero fermati.

venerdì 7 maggio 2010

Perchè mangiamo gli animali? Buona domanda...


Non sono più quello di prima. E' ovvio! Ogni esperienza ti cambia: non sei mai quello che eri un minuto fa. O meglio: sei sempre quello di prima, ma semplicemente hai il "coraggio" di manifestare all'esterno quello che sei dentro.

Un libro può cambiarti? Sì? No? Domanda mal posta. Ciò che conta sono le nuove domande che ti fai, e soprattutto le risposte che dai alle domande. Puoi far finta di niente e tirare diritto. Oppure no. Ecco, io no!

domenica 2 maggio 2010

The 99: un fumetto per la tolleranza


Sono dei supereroi, ma non vengono dall'America come siamo ormai abituati a pensare, bensì dal mondo islamico. Il creatore si chiama Naif al Mutawa, fondatore di Teshkeel Comics, con sede a Kuwait City. The 99, così si chiama la serie a fumetti che presto diventerà un cartone animato distribuito anche negli USA, hanno avuto un grande successo in diversi paesi: Arabia Saudita, Indonesia, Cina, India, Stati Uniti e molti altri.



L'antefatto della storia risale al 1258, quando le armate di Gengis Khan distrussero a Baghdad la più importante biblioteca del mondo arabo. Gli studenti di allora si prodigarono per salvarne i libri e la saggezza contenuta e lo fecero attraverso 99 tavole di pietra. Queste 99 pietre di saggezza sono arrivate ai nostri tempi, fino ad entrare in contatto in modo più o meno casuale con vari giovani, i supereroi della storia. Ciascuno eredita dalla pietra un superpotere: abbiamo così Noora the Light, dagli Emirati Arabi, che ha la capacità di scorgere la luce della verità negli altri. Affiancata da Wida the Loving, dalle Filippine, che sa indurre l'amore, la compassione e la felicità nelle persone.

I ragazzi-supereroi vengono un po' da tutto il mondo e, spesso, sono di doppia cultura. E' il caso di Sami the Listener, nato e cresciuto fino all'età di 10 anni in Sudan e poi trasferitosi col padre in Francia: è muto ma possiede la capacità di udire ciò che gli altri esseri umani non riescono a percepire, sia per distanza che per frequenza. O quello di Hadya the Guide, londinese ma di famiglia pakistana, divisa ed attirata da queste due culture: lei possiede il dono di mappare qualsiasi luogo in cui si trovi, di individuare il percorso più breve, facile e sicuro per raggiungere un obiettivo.

C'è anche un americano, Darr the Afflicter, ridotto su sedia a rotelle e in grado di manipolare le terminazioni nervose per provocare o evitare il dolore. Tutti i supereroi sono stati scoperti e resi coscienti del loro potere dal dottor Ramzi Razem, discendente di un Guardiano della Saggezza dell'antica biblioteca di Baghdad. E' lui che insegna ai ragazzi a sfruttare a fin di bene il loro potere, contro i malvagi che li vogliono invece possedere per il loro torbidi scopi.

Lo schema è quello classico e un po' semplicistico del bene contro il male, condito di molta azione. Il pregio è però quello di diffondere nel mondo musulmano, e non solo, un'idea di tolleranza: i giovani supereroi sono di culture e nazioni diverse (araba, ungherese, afro-americana, anglo-pachistana, indonesiana, sudafricana, portoghese) ma lottano insieme, a dispetto delle loro diversità, per il progresso civile dell'umanità nel suo complesso. Al Mutawa ha detto agli sceneggiatori di Hollywood che hanno trasposto in fumetto il cartone animato, che il fine delle sue storie è quello di far emergere le cose che accomunano gli uomini, non quelle che li separano. Una lezione troppo spesso inascoltata.

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