martedì 31 dicembre 2013

I miei migliori libri del 2013

Questa lista è una selezione dei libri che ho letto nel corso del 2013. Sono quelli che mi hanno lasciato dentro qualcosa o che semplicemente mi hanno divertito. Non è una classifica ma sono elencati in ordine cronologico di lettura, dall'inizio dell'anno fino alla sua fine.



I sonnambuli, di Paul Grossman. TimeCrime.
Storia e noir, nazisti ed ebrei. Respiri l'atmosfera cupa e violenta della Berlino del 1933. In certi momenti angosciante. Ne ho già scritto qui.



Il caso Rembrandt, di Daniel Silva. Giano Editore.
Dopo aver letto questa spy story capisci che James Bond è un povero pivello se lo paragoni a Gabriel Allon. Un finissimo restauratore di quadri è la copertura del migliore e più celebre agente segreto del Mossad. Nazisti ed ebrei (ovviamente) anche qui.



A chi vuoi bene, di Lisa Gardner. Marcos y Marcos.
Tre donne per questo poliziesco. L'autrice, il detective e la sospettata. E il tema della maternità trattato senza retorica, con crudezza e realismo.



Ubik, di Philip K. Dick. Fanucci Editore.
"Io sono vivo, voi siete morti". Il romanzo si può riassumere in queste parole. Quale è la realtà? Chi è vivo e chi è morto? Assurdo e fantastico.



Jackie Brwon, di Elmore Leonard. Net.
Lo leggo poco prima che Leonard lasci questo mondo. Dialoghi imbattibili. Le immagini del film di Tarantino mi scorrono davanti, ma il romanzo è ancora meglio.



Balkan Circus, di Angelo Floramo. Ediciclo Editore.
I Balcani ma non solo, anche il Caucaso e la Siberia, in questo viaggio ora divertente ora commovente. Ti vien voglia di fare le valigie e partire subito.



Officina Bolivar, di Mauro Daltin. Ediciclo Editore.
Argentina, Bolivia e Perù in treno e in bus. Tanti incontri, tante facce, tante storie. Come sopra, la voglia di partire ti prende dopo poche pagine.



L'uomo di Primrose Lane, di James Renner. Giulio Einaudi Editore.
Sfugge ad ogni definizione questo romanzo. Noir? Non solo. Horror? Un po'. Fantascienza? Anche. E molto altro. Un libro in cui autore e protagonista si confondono. Letteralmente.

lunedì 30 dicembre 2013

Short Tex o compressed Tex?

Disegno di Laura Zuccheri
Il Color Tex 4 uscito nelle edicole italiane il 20 novembre si caratterizza per una novità assolutamente unica. Per la prima volta nella storia del Ranger, infatti, la Bonelli pubblica un albo contenente quattro racconti brevi. Non era mai successo prima d'ora, se non con alcune storie edite fuori serie su altre riviste. L'esperimento è interessante e anche azzardato perché non è scontato che un'avventura di Tex, che si dispiega abitualmente su almeno 2 albi di 114 pagine, funzioni anche in sole 32 tavole. Sì, perché la short story è un genere ben codificato con le sue regole che sono, più o meno, queste:
  1. Lunghezza: non è una questione di numero di pagine massime o minime, ma è qualcosa di convenzionale
  2. Tempo: è l'elemento fondamentale che differenzia una short story da un romanzo. Il tempo è delimitato, senza digressioni. Il tutto si risolve in una scena, in uno spaccato. Nel romanzo invece il tempo è diluito, ci sono salti temporali nel passato, ci sono due o più storie che si corrono in parallelo per poi intersecarsi.
  3. Spazio: è stretto e il tutto si risolve in all'interno di un'unica ambientazione. Nel racconto lungo ci sono più ambientazioni, anche se limitate. Nel romanzo, al contrario, lo spazio è esteso.
  4. Dettaglio: il racconto breve parte dal dettaglio, il narratore è la macchina da presa che zooma su un dettaglio di una scena. Dettaglio che non è fine a se stesso, ma che evoca un mondo. Si va quindi dal particolare al generale, ma quest'ultimo è solo evocato e non esplicitato. Nel romanzo, invece, i dettagli sono un contorno, non il cuore della storia.
  5. Personaggi: sono poco delineati, si dice poco di loro, gli si fa compiere delle azioni o dei gesti. Non si sa cosa sia successo prima o cosa succederà dopo. Li si coglie nel mentre di una scena. Nel romanzo hanno un passato e le loro caratteristiche vengono continuamente approfondite. La loro complessità viene molto esplorata.
  6. Tensione: c'è quasi sempre una grande tensione narrativa. Tutto si risolve e si concentra nel breve, non ci sono pause e il ritmo è sempre alto.
  7. Non detto: è più frequente rispetto al romanzo dove tutto è più esplicito.
A me pare che queste norme non siano state molto rispettate in tutti e quattro i racconti di cui si compone l'ultimo Color Tex. Ma vediamoli più nel dettaglio.

Tavola di Giampiero Casertano
Il primo, intitolato L'uomo sbagliato, è firmato da Tito Faraci per i testi, Giampiero Casertano per i disegni e Oscar Celestini per la colorazione. Tex deve scoprire chi, fra i cinque passeggeri molto eterogenei di una diligenza, sia il sicario che si prepara ad uccidere un senatore durante un comizio nella città in cui la diligenza è diretta. A parte la breve parentesi a bordo del mezzo di trasporto, l'azione si svolge in un tempo limitato e in diverse ambientazioni della cittadina: l'hotel, il saloon, l'ufficio dello sceriffo e l'epilogo sul tetto di un edificio che domina la main street. C'è un flashback superfluo che spiega come Tex ha saputo del sicario: non serve, aggiunge informazioni che potevano anche essere ignorate dal lettore e, soprattutto, fa scendere la tensione. Dei cinque possibili killer, gli unici su cui cadono i sospetti sono il pianista e, soprattutto, il prete. Visto che il musicista svela quasi subito nel saloon lo scopo del suo viaggio, la tensione crolla. E il romantico colpo di scena finale aggiunge ben poco ad una storia scialba.

Tavola di Sandro Scascitelli
Il secondo racconto, Un covo di belve, è molto più intrigante. Pasquale Ruju confeziona una buona storia e i disegni di Sandro Scascitelli uniti alla colorazione di Overdrive Studio le conferiscono un'atmosfera molto realistica e cupa. Anche in questo caso, però, si cade nell'errore di voler spiegare ogni cosa, ricorrendo a continui flashback che raccontano perché Tex sia sulle tracce del rapinatore Murray e di come lo siano anche i superstiti della sua banda. Fatti che in una storia lunga costituirebbero il corretto prologo, ma che qui appesantiscono la lettura che invece non vede l'ora di filare via dritta verso il sorprendete finale.

Tavola di Stefano Biglia
Gianfranco Manfredi scrive la migliore delle quattro storie presentate: tesa quasi sempre dall'inizio alla fine e con personaggi tratteggiati con poche ma significative pennellate. Stefano Biglia disegna un Tex perfetto, da arruolare subito fra i disegnatori ufficiali del Ranger! La colorazione fredda di Oscar Celestini si addice a questa storia ambientata in un innevato paese del Nebraska, dove Tex incontra una sua vecchia conoscenza, il cacciatore di taglie Scott Wannabe, giunto nello sperduto villaggio per rintracciare l'ultimo componente della banda Dillon. L'epilogo finale è un classico ma freschissimo esempio di come si dovrebbe scrivere Tex, facendo risaltare alcune delle sue qualità, come l'acutezza d'ingegno e il senso umano di giustizia che è superiore a quello che dice la fredda legge. Difetti? Un flashback che racconta l'episodio in cui Tex e Scott si conobbero: inutile perché non aggiunge nulla. E la spiegazione finale di Tex al superstite della banda: non serve perché sappiamo che il nostro Ranger ha un intuito superiore e lo aveva appena dimostrato nei fatti, le parole sono superflue.

Tavola di Nicola Genzianella
Dell'ultimo racconto, scritto da Mauro Boselli, rimane alla fine della lettura un po' di perplessità. L' ambientazione è affascinante (La valle sacra del titolo) fra rocce, canyon e grotte disegnate alla perfezione da Nicola Genzianella e colorate altrettanto bene dall'Overdrive Studio. Il tema è interessante: da una parte la ricerca da parte di vili criminali di un tesoro nascosto nella valle e custodito da un vecchio sciamano il cui antico passato da predone incrociò il fucile di Tex, dall'altra la vendetta del Grande Spirito che si abbatte sugli impuri di cuore. Ci sta pure il breve flashback con cui Tex rievoca il suo incontro con il predone, visto che aggiunge una informazione essenziale al racconto. Ma qualcosa non torna. Sarà perché il Ranger si fa beccare in un agguato nel canyon come l'ultimo dei polli, rimettendoci quasi la pelle? Sarà perché il volto che il pur bravo Genzianella ha dato a Tex non è affatto convincente? Sarà perché comunque nella resa dei conti finale Tex è troppo dipendente dall'aiuto ricevuto da non svelo chi? Sarà perché, quindi, il protagonista di questa storia potrebbe essere un cowboy qualsiasi e non il Ranger che noi tutti conosciamo?
L'esperimento short Tex ha funzionato poco, secondo me: è da rivedere in molti punti, soprattutto nella regola bonelliana di spiegare sempre tutto che, in questi casi, non andrebbe applicata, pena la trasformazione di una short story in una compressed long story con l'inevitabile calo di tensione narrativa.


Punto a favore dell'albo (ma indipendente dalla formula interna di short o long story) è la splendida copertina di Laura Zuccheri che regala a Tex un'espressione e una postura che sono più eloquenti di mille vignette.

domenica 1 dicembre 2013

In empatia con Alan Ford

"Non hai mai letto Alan Ford?"
Lei sgrana gli occhi al punto da farli diventare grandi quanto le lenti tonde che separano il mio viso dal suo. Due grandi fari cerchiati dal verde della montatura mi inchiodano alla sedia del bar. Dissimulando maldestramente disinvoltura, sorseggio un po' della mia birra rossa e rispondo:
"Beh, no. Non mi è mai capitato..."
"Allora devi leggerlo assolutamente! Vedrai che ti piacerà!"
Ed è così che la mia amica mi rifornisce di una sostanziosa quantità di albi di Alan Ford.
E io mi perdo nelle (dis)avventure di questo improvvisato agente segreto e dei suoi scalcinati compagni, usciti dalla prolifica immaginazione di Max Bunker e dalle preziose mani di Magnus.
Scopro un mondo popolato da incredibili personaggi, in cui si mostra con stile grottesco la faccia assurda della realtà mescolando cinismo e ironia, paradosso e tragicommedia.
E io finisco coll'immedesimarmi un questo improbabile agente segreto, tanto imbranato quanto simpatico, tanto disorganizzato quanto ingenuo. Ed entro in una tale empatia con Alan Ford che, mentre sto leggendo Il dente cariato, secondo episodio della collana, il mio dente del giudizio ricomincia a dolermi, così come accade al protagonista. Mi devo rivolgere al mio dentista, sperando di non incappare in quello barbuto della storia che pone la seguente terrificante domanda ad Alan:
"Hai qualche preferenza o ne piglio uno a caso?"


No, non me la fa questa domanda. E tanto meno estrae due denti, come capita allo sfortunato agente segreto. La mia piccola operazione fila liscia ma provo un po' di disappunto quando vedo che il professionale dottore non mi applica il dente d'oro col microfilm che invece Alan ha la fortuna di vedersi impiantato.
Ah, quale meravigliosa avventura avrei potuto vivere! Invece, esco dallo studio un po' mesto e ancora leggermente dolorante nonostante l'anestesia. Mi guardo comunque a destra e a sinistra per evitare un possibile agguato dei tre loschi figuri che cercano di sottrarre il dente ad Alan. Non c'è nessuno in giro. Mi avvio verso l'auto e la mia contrarietà raggiunge l'apice: mi rendo conto tristemente che la bella Margot non sbuca fuori all'improvviso stringendomi fra le sue calde braccia e confondendomi con le parole:
"Baciami, Alan... Fammi sentire se hai sangue nelle vene..."
La risposta di Alan potrebbe essere tranquillamente farina del mio sacco:
"Eh?.. Credo di sì, sono anche stato donatore di sangue!"


Non mi resta che consolarmi andando al più presto a farmi una birra con la mia amica, sperando che nel bar non ci sia nessun Superciuk pronto a stenderci con la sua celebre fiatata alcoolica!

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