mercoledì 16 agosto 2017

Mugiko, il vero James Bond


Mugiko, cinquantanovesima uscita della collana bonelliana Le Storie, ristabilisce le corrette origini di un filone, prima narrativo e poi cinematografico, che è entrato nella cultura di massa occidentale: la spy-story alla James Bond. Come dichiara in quest'intervista Gianfranco Manfredi, l'autore dell'avventura a fumetti da qualche giorno in edicola, Ian Fleming si ispirò per il protagonista di tanti suoi fortunati romanzi a Richard Sorge, una spia tedesca degli anni venti e trenta che prestò servizio per l'Unione Sovietica. Pare che all'epoca gli agenti segreti sovietici fossero i migliori al mondo e che fossero molto abili nell'intrufolarsi in qualsiasi ambiente del nemico capitalista, oltre che dotati di una grande carisma e fascino. Manfredi rende così giustizia alla figura storica dell'avventurosa spia russa, scippata dalla penna di Fleming.
Lo fa spostando l'azione della sua storia di qualche decennio più avanti, nel 1962, sotto il governo di Kruscev. Il protagonista è Ivan Ivanovic, che troviamo nella prima tavola a marciare nella neve della Kolyma, in Siberia. Detenuto per insubordinazione verso i superiori e il partito, Ivan si vede graziati gli ultimi quattro dei quindici anni di prigionia, perché deve portare a termine una missione delicatissima. Mugiko, questo il nome che assume, è un simpatico sfrontato, mal sopporta le regole (e la condanna al gulag lo dimostra), gli piace la bella vita (d'altronde deve rifarsi di undici anni di stenti e freddo) ed è un donnaiolo impenitente (anche in questo caso ha molto arretrato da recuperare).



Manfredi tratteggia quindi un personaggio che richiama James Bond nel modo di fare e nell'abilità professionale, che viene messa alla prova in uno scenario difficile per il protagonista ma suggestivo per il lettore. L'autore sceglie infatti la Birmania come teatro dell'azione, ovvero un paese conteso fra le sfere di influenza delle grandi potenze, la sovietica da una parte e l'americana dall'altra. È un fatto storico che Kruscev visitò Rangoon nel 1960 e che lo stato asiatico aderì formalmente al socialismo, salvo poi stipulare trattati commerciali con gli USA. È su questo stretto crinale di interessi politici (sui quali vuole lucrare Zaw, un'ex spia sovietica locale, ai danni di una popolazione ribelle di una remota regione birmana appetibile anche per la Cina e l'India) che si muove con astuzia Mugiko. Non da solo, però. Al suo fianco si pone una nemica, l'affascinante Gao Wei, spia sino americana al soldo della CIA. La trama è avvincente e il registro alterna spesso momenti ironici ad altri tragici e molto crudi. I disegni del brasiliano Pedro Mauro contribuiscono a rendere più dura la storia, ma c'è sempre l'ironia di Mugiko che stempera l'atmosfera. La copertina di Aldo Di Gennaro è la ciliegina sulla torta di un albo perfettamente riuscito nel genere spy-story, con dei personaggi molto ben calibrati, le cui gesta meriterebbero di vedere un seguito. Alla Bonelli l'ardua sentenza.

2 commenti:

  1. Vero che l'Unione Sovietica avesse le spie migliori: credo anzi che la serie di film dedicati a James Bond risentano di un senso di "fuori epoca" inseriti in un contesto contemporaneo, dove l'agente segreto affronta con attrezzature che sfiorano il fantascientifico, folli criminali cui, grazie ai soldi e a complici sacrificabili, riesce quasi di diventare padroni del mondo. Il vero nemico narrativo, secondo me, è proprio un'organizzazione che conta i migliori "colleghi" di 007, magari con un che di "oscuro", pronta a rinnegare i propri agenti catturati e giustiziati pur di perseguire l'interesse della nazione.

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